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Studi medici convenzionati: l’Irap non va versata

L’assoggettabilità dei liberi professionisti all’Irap è da lungo tempo un tema controverso. Sebbene infatti la l. n. 446/1997 stabilisca che “presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di una attività diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi”, un consolidato orientamento giurisprudenziale ha individuato criteri più puntuali per l’applicazione del tributo.
Secondo tale filone interpretativo, per l’assoggettamento all’Irap non è sufficiente il semplice esercizio di un’attività produttiva, ma è necessario approfondire le modalità di svolgimento della stessa; in particolare, la sussistenza di un’autonoma organizzazione. In accordo a numerose pronunce della Cassazione, quest’ultima si realizza quando il contribuente impieghi in via non occasionale personale dipendente, collaboratori a progetto, collaboratori esterni che svolgono attività tipica, ovvero beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile.
Da ultimo, con l’obiettivo di dirimere ogni dubbio in merito all’attuazione del principio, la legge delega n. 23/2014 (c.d. Delega Fiscale), così come modificata dalla l. n. 34/2015, ha demandato ad un decreto legislativo da adottarsi entro il 26 giugno 2015 la più chiara definizione del concetto di autonoma organizzazione in ambito Irap, sulla base di criteri oggettivi, ai fini della non assoggettabilità al tributo dei professionisti, degli artisti e dei piccoli imprenditori.


Irap e svolgimento in forma associata di lavoro autonomo
In tale quadro, con l’ordinanza n. 6330 del 27 marzo 2015, la Corte di Cassazione si è espressa in merito alla sussistenza del presupposto impositivo dell’Irap in riferimento agli studi medici associati convenzionati con il servizio sanitario nazionale (SSN).
Al riguardo, la Corte in primo luogo sottolinea che la medicina di gruppo realizza un fenomeno di aggregazione di interessi, riconducibile ad un’associazione atipica che costituisce modalità organizzativa del lavoro e di condivisione funzionale delle strutture di più professionisti, per sviluppare e migliorare le potenzialità assistenziali di ciascuno di essi. Sotto questo profilo, una parte della giurisprudenza ritiene che l’esercizio dell’attività da parte di tali soggetti, strutturalmente organizzati per la forma nella quale l’attività stessa è svolta, integri in ogni caso presupposto d’imposta, prescindendo da un’ulteriore verifica circa l’assenza dell’autonoma organizzazione (Cass. 28 novembre 2014, n. 25315; Cass. 19 giugno 2013, n. 15317). Diversamente, alcune pronunce di legittimità ammettono la possibilità in capo al contribuente di dimostrare che il reddito dello studio sia derivato dal solo lavoro professionale dei singoli associati (Cass. 6 marzo 2015, 4578; Cass. 19 dicembre 2014, n. 27007; Cass. 27 gennaio 2014, n. 1575), mentre altre valorizzano invece, anche in relazione alle società, il concreto rapporto che intercorre tra i fattori produttivi (Cass. 25 febbraio 2015, n. 3870).


La situazione degli studi medici convenzionati
Ad ogni modo, per quel che concerne gli studi medici associati convenzionati, l’ordinanza della Corte di Cassazione afferma la non assoggettabilità all’Irap. Nello specifico, la pronuncia evidenzia che la disponibilità da parte dei medici di strumenti di diagnosi, anche complessi e costosi, non è idonea a configurare la sussistenza dei presupposti impositivi dell’Irap, posto che, sul piano funzionale, l’attività del medico in regime di convenzione è volta a migliorare l’effettiva tutela della salute, prima che alla produzione del lucro per il professionista.
Allo stesso modo, l’utilizzo da parte dei medici convenzionati di uno studio avente le caratteristiche previste dall’articolo 22 dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, in quanto obbligatorio ai fini dell’instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra il presupposto impositivo. Nella fattispecie, l’art. 22 dispone che lo studio del medico convenzionato debba essere dotato degli arredi e delle attrezzature indispensabili per l’esercizio della medicina generale, di sala d’attesa adeguatamente arredata, di servizi igienici, di illuminazione e aerazione idonea, ivi compresi idonei strumenti di ricezione delle chiamate. Se lo studio è ubicato presso strutture adibite ad altre attività non mediche o sanitarie soggette ad  autorizzazione, lo stesso deve avere un ingresso indipendente e deve essere eliminata ogni comunicazione tra le due strutture. Lo studio professionale deve infine essere aperto agli aventi diritto per 5 giorni alla settimana, preferibilmente dal lunedì al venerdì, secondo un congruo orario determinato autonomamente in relazione alle necessità degli assistiti iscritti nel suo elenco ed alla esigenza di assicurare una prestazione medica corretta ed efficace.

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