Il Ministero del Lavoro con l’interpello n. 22/2013 ha risposto all’Associazione Unitaria Psicologi Italiani, in ordine alla corretta interpretazione degli artt. 70 e 71, D.Lgs. n. 151/2001, nell’ipotesi di lavoratrice madre che esercita la libera professione di psicologa senza vincolo di subordinazione. In particolare, si chiede se la suddetta lavoratrice – obbligatoriamente iscritta all’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Psicologi (ENPAP) – abbia o meno diritto alla corresponsione dell’indennità di maternità per il periodo di 5 mesi ai sensi delle disposizioni normative sopra citate, anche nel caso in cui la stessa espleti parte dell’attività libero professionale in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale.
Uno stralcio dell’interpello n. 22/2013
In via preliminare, occorre muovere dalla lettura dei menzionati artt. 70 e 71, D.Lgs. n. 151/2001, recanti la disciplina della corresponsione dell’indennità di maternità alla categoria delle lavoratrici che svolgono attività libero professionale in forma autonoma.
La prima delle due norme citate dispone che le libere professioniste, iscritte ad un Ente che gestisce forme di previdenza obbligatoria di cui alla tabella D del medesimo Decreto – tra cui è annoverato anche l’ENPAP – hanno diritto “per i due mesi antecedenti la data del parto e i tre mesi successivi alla stessa” al riconoscimento di una indennità di maternità in misura pari all’80% di cinque dodicesimi del reddito professionale da lavoro autonomo, percepito e denunciato ai fini fiscali nel secondo anno precedente a quello dell’evento. In virtù della medesima disposizione, l’indennità- “in ogni caso (…) non può essere inferiore a cinque mensilità di retribuzione calcolata nella misura pari all’80 per cento del salario minimo giornaliero stabilito dall’articolo 1 del decreto-legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 settembre 1981, n. 537, e successive modificazioni, nella misura risultante, per la qualifica di impiegato, dalla tabella A e dai successivi decreti ministeriali di cui al secondo comma del medesimo articolo” (art. 70, comma 3);
– “l’indennità (…) non può essere superiore a cinque volte l’importo minimo derivante dall’applicazione del comma 3, ferma restando la potestà di ogni singola cassa di stabilire, con delibera del consiglio di amministrazione, soggetta ad approvazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, un importo massimo più elevato, tenuto conto delle capacità reddituali e contributive della categoria professionale e della compatibilità con gli equilibri finanziari dell’ente” (art. 70, comma 3 bis).
Si sottolinea inoltre che, ai sensi dell’art. 71, l’indennità in argomento viene corrisposta dal competente Ente di previdenza, indipendentemente dall’effettiva astensione dall’attività, a seguito di presentazione di apposita domanda corredata da dichiarazione attestante, ex D.P.R. n. 445/2000, l’inesistenza del diritto alle indennità di maternità di cui al Capo III, al Capo X e al Capo XI del medesimo Decreto.
Dalla lettura della disposizione da ultimo menzionata si evince che l’erogazione dell’indennità di maternità da parte dell’Ente previdenziale di categoria risulta ammissibile solo nella misura in cui la medesima professionista non percepisca altra indennità di maternità in qualità di lavoratrice dipendente ovvero autonoma o come imprenditrice agricola e commerciante. L’art. 4 del Regolamento per la corresponsione dell’indennità di maternità dell’ENPAP afferente alle ipotesi di incumulabilità precisa, peraltro, che “ove si svolga un lavoro part-time, l’Ente integra la prestazione percepita (…) sino alla concorrenza della misura minima prevista dall’ENPAP stesso”.
Occorre al riguardo precisare che la contrattazione collettiva di settore aveva equiparato la tutela delle psicologhe ambulatoriali a tempo indeterminato a quella prevista nel settore pubblico contrattualizzato, prevedendo l’erogazione dell’intera retribuzione goduta in attività di servizio per tutti i periodi di astensione obbligatoria previsti per le lavoratrici dipendenti (cfr. art. 16, commi 4 e 5, all. 1, D.P.R. n. 446/2001 “Regolamento per l’esecuzione dell’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i biologi, chimici e psicologi ambulatoriali”). A tale previsione va ricondotta la disposizione di cui all’art. 4, Regolamento ENPAP per la corresponsione dell’indennità di maternità. L’art. 37, comma 4, dell’Accordo Collettivo Nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali interni, medici veterinari ed altre professionalità sanitarie (biologi, chimici, psicologi) ambulatoriali ai sensi dell’art. 48 della L. n. 833/1978 e dell’art. 8 del D.Lgs. n. 502 del 1992 e succ. mod. ed integrazioni stabilisce che: “allo specialista ambulatoriale e al professionista a tempo indeterminato, che si assenta dal servizio per gravidanza o puerperio, o adozione di minore al di sotto del 6 anni, l’azienda mantiene l’incarico per 6 mesi continuativi e corrisponde l’intero trattamento economico goduto in attività di servizio, per un periodo massimo complessivo di 14 settimane. Nel caso di gravidanza a rischio, il periodo di assenza non è computato nei 6 mesi”.
Dal combinato disposto delle norme sopra riportate, deriva che il principio di incumulabilità può comunque trovare applicazione esclusivamente per il periodo delle quattordici settimane già coperto da erogazione del trattamento di maternità, ma non in relazione al restante periodo, non pagato fino al raggiungimento dei 5 mesi previsti ex lege.
Ciò premesso, si ritiene che il principio della c.d. incumulabità trovi applicazione anche con riferimento all’ipotesi in cui la lavoratrice espleti parte dell’attività libero professionale in regime di convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale svolgendo il rapporto di lavoro con modalità autonoma coordinata e continuativa nell’ambito di Aziende Sanitarie o Strutture Militari (D.P.R. n. 446/2001).
A tale ultimo proposito si sottolinea, innanzitutto, che i professionisti in convenzione sono tenuti a costituire la propria posizione previdenziale presso l´ENPAP, tant’è che l’art. 4 bis del regolamento dell’Ente stabilisce che il relativo obbligo contributivo può essere assolto anche “mediante la contribuzione complessivamente versata direttamente all’Ente da istituzioni ed enti pubblici e privati (…) in applicazione di accordi collettivi nazionali”.
Alla luce delle argomentazioni di cui sopra, in risposta alla problematica sollevata, si ritiene che le libere professioniste psicologhe, iscritte all’ENPAP, con rapporto di lavoro autonomo, coordinato e continuativo, in regime di convenzione con il S.S.N. hanno diritto, inoltrando specifica domanda all’Ente di categoria, alla integrazione dell’indennità di maternità di cui all’art. 70 del D.Lgs. n. 151/2001, nella misura in cui i relativi periodi non siano coperti ai sensi dell’Accordo Collettivo Nazionale.