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Comunicazione del luogo di conservazione in modalità elettronica dei documenti rilevanti ai fini tributari

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 81 del 25 settembre 2015, ha fornito risposta ad un interpello in materia di comunicazione del luogo di conservazione in modalità elettronica dei documenti rilevanti ai fini tributari (articolo 5 D.M. 17 giugno 2014).

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

Dal 31 marzo 2015 la fatturazione elettronica è, per tutte le cessioni di beni e le forniture di servizi effettuate nei confronti delle amministrazioni pubbliche (cfr., da ultimo, la circolare n. 1/DF del 9 marzo 2015), l’unica modalità ammessa (si veda il D.M. n. 55 del 2013, recante “regolamento in materia di emissione, trasmissione e ricevimento della fattura elettronica da applicarsi alle amministrazioni pubbliche ai sensi dell’articolo 1, commi da 209 a 213, della legge 24 dicembre 2007, n. 244”, nonché il successivo D.L. n. 66 del 2014, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, della L. n. 89 del 2014).

In base all’articolo 39, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, le fatture elettroniche, emesse sia nei confronti delle Pubbliche Amministrazioni, sia dei privati, «sono conservate in modalità elettronica, in conformità alle disposizioni del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze adottato ai sensi dell’articolo 21, comma 5, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. (…) Il luogo di conservazione elettronica delle stesse, nonché dei registri e degli altri documenti previsti dal presente decreto e da altre disposizioni, può essere situato in un altro Stato, a condizione che con lo stesso esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza. Il soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato assicura, per finalità di controllo, l’accesso automatizzato all’archivio e che tutti i documenti ed i dati in esso contenuti, compresi quelli che garantiscono l’autenticità e l’integrità delle fatture di cui all’articolo 21, comma 3, siano stampabili e trasferibili su altro supporto informatico».

In attuazione di tale disposizione è stato emanato il D.M. 17 giugno 2014 – pubblicato nella G.U. del 26 giugno 2014 e recante “Modalità di assolvimento degli obblighi fiscali relativi ai documenti informatici ed alla loro riproduzione su diversi tipi di supporto – articolo 21, comma 5, del decreto legislativo n. 82/2005” – con il quale sono state ridefinite le regole vigenti in materia (dettate in precedenza dall’abrogato D.M. 23 gennaio 2004), stabilendo, tra l’altro, che:

– i documenti informatici sono conservati in modo tale che «siano rispettate le norme del codice civile, le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale e delle relative regole tecniche e le altre norme tributarie riguardanti la corretta tenuta della contabilità» (cfr. l’articolo 3);

– «il contribuente comunica che effettua la conservazione in modalità elettronica dei documenti rilevanti ai fini tributari nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di riferimento. In caso di verifiche, controlli o ispezioni, il documento informatico è reso leggibile e, a richiesta, disponibile su supporto cartaceo o informatico presso la sede del contribuente ovvero presso il luogo di conservazione delle scritture dichiarato dal soggetto ai sensi dell’art. 35, comma 2, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633. Il documento conservato può essere esibito anche per via telematica secondo le modalità stabilite con provvedimenti dei direttori delle competenti Agenzie fiscali. (…)» (così l’articolo 5).

Inoltre, ai sensi dell’articolo 35, comma 2, lettera d), del D.P.R. n. 633 del 1972, dalla dichiarazione di inizio attività deve, tra gli altri, risultare il luogo in cui sono tenuti e conservati «i libri, i registri, le scritture e i documenti prescritti dal presente decreto e da altre disposizioni», nonché, ai sensi del successivo comma 3, ogni eventuale variazione del luogo di conservazione.

Dal combinato disposto delle norme richiamate emerge:

la facoltà, per chi emette/riceve fatture elettroniche, di conservare le stesse, così come le altre scritture contabili, tanto sul territorio nazionale, quanto all’estero, in Paesi con i quali esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza;
l’obbligo di comunicare, tramite la dichiarazione dei redditi, che nell’anno di riferimento si è proceduto alla conservazione sostitutiva;
in caso di controlli e verifiche, l’obbligo di rendere leggibili ed accessibili i documenti (fatture in primis) tanto dalla sede presso cui il contribuente svolge la propria attività, quanto dal diverso luogo in cui gli stessi sono fisicamente collocati, previa apposita dichiarazione da effettuare ai sensi del citato articolo 35, comma 2, lettera d), del D.P.R. n. 633 del 1972.

Conformi alla previsione legislativa i modelli richiamati dall’istante e le relative istruzioni.

In particolare, con riferimento all’obbligo di comunicazione nella dichiarazione sub b), al rigo RS140 del Modello Unico PF (ovvero ai righi RS104 e RS40 per quelli SC e SP) va indicato «il codice 1, qualora il contribuente nel periodo di riferimento, abbia conservato in modalità elettronica almeno un documento rilevante» (cfr. pagina 43 delle relative istruzioni).

Con riferimento all’obbligo di comunicare il luogo di conservazione, sub c), le istruzioni ai modelli AA7/10 e AA9/11 (da quest’anno AA9/12), rispettivamente quadri E e F, chiariscono che la Sezione 1, relativa a “soggetti depositari e luoghi di conservazione delle scritture contabili”, va compilata quando i depositari stessi sono «diversi dal soggetto indicato nel quadro C (titolare)», tanto «nel caso in cui debba essere comunicata la sostituzione di un depositario», quanto «nel caso in cui debba essere comunicata esclusivamente la variazione di uno o più luoghi di conservazione delle scritture contabili già comunicati», dando poi eventuale e separata indicazione nella Sezione 2 dei “luoghi di conservazione delle fatture all’estero”.

Ciò premesso, il concetto di “conservazione” delle scritture contabili cui il D.P.R. n. 633 del 1972 e i relativi modelli in uso fanno riferimento – in origine riferito ai soli documenti cartacei e, quindi, sostanzialmente coincidente con il concetto di “deposito” – deve necessariamente tenere conto del processo di dematerializzazione dei documenti fiscalmente rilevanti.

In tale processo, infatti, il conservatore è il soggetto, definito dal CAD e riportato nel manuale di conservazione, il quale opera solo il processo di “conservazione elettronica” dei documenti fiscali.

Questi può, peraltro, coincidere con il contribuente, oppure può assumere la veste del depositario (ossia di colui che gestisce la contabilità e che, ai fini fiscali, assume specifiche responsabilità), o può essere un soggetto terzo.

In tale ultima ipotesi, oggetto della presente istanza, poiché il conservatore (“elettronico”) non è il depositario delle scritture, il contribuente non è tenuto a farne comunicazione mediante il modello AA9/11 (essendo, in ogni caso, gli estremi identificativi del conservatore riportati obbligatoriamente nel manuale della conservazione), nel presupposto che, in caso di accesso, i verificatori siano messi in condizione di visionare e acquisire direttamente, presso la sede del contribuente ovvero del “depositario” delle scritture contabili, la documentazione fiscale, compresa quella che garantisce l’autenticità ed integrità delle fatture, al fine di verificarne la corretta conservazione. Va da sé che la mancata esibizione dei documenti sopra richiamati comporta gli effetti previsti dagli articoli 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 52 del D.P.R. n. 633 del 1972.

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